Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/17

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atto primo 11
se soggiacer. — Ma dimmi: or, pria del padre,

veder poss’io la sposa? Entrar non debbo
lá, fin che albeggi...
Gion.   E fra le piume aspetta
fors’ella il giorno? A pianger di te meco
viene ella sempre innanzi l’alba; e preghi
porgiam quí insieme a Dio, per l’egro padre. —
Ecco; non lungi un non so che biancheggia:
forse, ch’ella è: scostati alquanto; e l’odi:
ma, se altri fosse, or non mostrarti, prego.
David Cosí farò.


SCENA TERZA

Micol, Gionata.

Micol   Notte abborrita, eterna,

mai non sparisci?... Ma, per me di gioja
risorge forse apportatore il sole?
Ahi lassa me! che in tenebre incessanti
vivo pur sempre! — Oh! fratel mio, piú ratto
di me sorgesti? eppur piú travagliato,
certo, fu il fianco mio, che mai non posa.
Come posar poss’io fra molli coltri,
mentre il mio ben sovra la ignuda terra,
fuggitivo, sbandito, infra covili
di crude fere, insidíato giace?
Ahi d’ogni fera piú inumano padre!
Saúl spietato! alla tua figlia togli
lo sposo, e non la vita? — Odi, fratello;
quí non rimango io piú: se meco vieni,
bell’opra fai; ma, se non vieni, andronne
a rintracciarlo io sola: io David voglio
incontrare, o la morte.
Gion.   Indugia ancora;
e il pianto acqueta: il nostro David forse
in Gelboé verrá.