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atto secondo 181
del padre, anch’ei veniva or dianzi in Roma:

e se con lui volto non era in fuga,
voi quí il vedreste.
Popolo   Ah! perché in Roma il passo
lor si vietò? giá in mille brani e in mille
fatti entrambi gli avremmo.
Mamil.   — È ver, col padre
Sesto anco v’era: ma Tarquinio stesso,
piú re che padre, il suo figliuol traea,
per sottoporlo alla dovuta pena.
Bruto Menzogna è questa, e temeraria, e vile;
e me pur, mal mio grado, a furor tragge.
Se, per serbarsi il seggio, il padre iniquo
svenar lasciasse anco il suo proprio figlio,
forse il vorremmo noi? La uccisa donna
ha posto, è vero, al soffrir nostro il colmo:
ma, senz’essa, delitti altri a migliaja
mancano al padre, ed alla madre, e a tutta
la impura schiatta di quel Sesto infame?
Servio, l’ottimo re, suocero e padre,
dal scelerato genero è trafitto;
Tullia, orribile mostro, al soglio ascende
calpestando il cadavero recente
dell’ucciso suo padre: il regnar loro
intesto è poi di oppressíoni e sangue;
i senatori e i cittadin svenati;
spogliati appieno i non uccisi; tratto
dai servigi di Marte generosi,
(a cui sol nasce il roman popol prode)
tratto a cavar vilmente e ad erger sassi,
che rimarranno monumento eterno
del regio orgoglio e del di lui servaggio:
ed altre, ed altre iniquitá lor tante:...
quando mai fin, quando al mio dir porrei,
se ad uno ad uno annoverar volessi
de’ Tarquinj i misfatti? Ultimo egli era,