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28 saul
io mi credea finor: David non v’era:

tutto ordinar per la vittoria quindi
osai: s’io duce esser potessi, or l’odi. —
Incontro a noi, da borea ad austro, giace
per lungo, in valle, di Filiste il campo.
Folte macchie ha da tergo; è d’alti rivi
munito in fronte: all’oríente il chiude
non alto un poggio, di lieve pendio
ver esso, ma di scabro irsuto dorso
all’opposto salire: un’ampia porta
s’apre fra’ monti all’occidente, donde
per vasto piano infino al mar sonante
senza ostacol si varca. Ivi, se fatto
ci vien di trarvi i Filistei, fia vinta
da noi la guerra. È d’uopo a ciò da pria
finger ritratta. In tripartita schiera
piegando noi da man manca nel piano,
giriamo in fronte il destro loro fianco.
La schiera prima il passo affretta, e pare
fuggirsene; rimane la seconda
lenta addietro, in scomposte e rade file,
certo invito ai nemici. Intanto, scelti
i piú prodi de’ nostri, il duro poggio
soverchiato han dall’oriente, e a tergo
riescon sovra il rio nemico. In fronte,
dalle spalle, e dai lati, eccolo, è chiuso;
eccone fatto aspro macello intero.
David Saggio e prode tu al pari. All’ordin tuo,
nulla cangiare, Abner, si debbe. Io laudo
virtude ov’è: sarò guerrier, non duce:
e alla tua pugna il mio venir null’altro
aggiungerá, che un brando.
Abner   Il duce è David:
di guerra il mastro è David. Chi combatte,
fuorch’egli, mai?
David   Chi men dovria mostrarsi