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126 alceste seconda
e la pietá di maraviglia mista

per giovin donna, di celesti doti
ricca pur tanto; ah! tutto omai scolpisce
in adamante il morir mio. Tu, vivi;
tel comanda Feréo; né mai l’amore
di giovinetta sposa fia che avanzi
di antico padre il generoso amore.
Alces. E l’alma tua sublime, e il vero immenso
affetto tuo di padre, a me ben noti
erano: e quindi, antivenirli io seppi.
Ma s’io prestai queta udíenza intera
ai detti tuoi, Feréo, vogli or tu pure
contraccambiar d’alto silenzio i miei;
cui tu, convinto appieno tosto, indarno
ribatter poi vorresti.
Feréo   E che vuoi dirmi?
che udir poss’io? salvar davvero Adméto
io vo’: tu il perdi, con te stessa: all’are
io corro...
Alces.   Arresta il piè: tardi v’andresti. †
Giá il mio giuro terribile dai cupi
suoi Regni udía Proserpina; ed accetto
anco l’ebb’ella indissolubilmente.
Secura in me del morir mio giá stommi,
cui nulla omai può togliermi. Tu dunque
ora i miei sensi ascolta: e tu, qual vero
padre, al proposto mio fermo consuona.
Non leggerezza femminile, o vano
di gloria amore, a ciò mi han tratto: il vuole
invincibil ragione. Odimi. Il sangue
tutto di Adméto, a me non men che caro,
sacro è pur anco: il genitor, la madre,
e i figli suoi, questo è d’Adméto il sangue:
or, qual di questi in vece sua disfatto
esser potea da Morte? il figlio forse?
Ei, due lustri non compie; ancor che in esso