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26 antonio e cleopatra
Quanti orribili nomi, e quanti strazi

suggerir ti potrá l’empio furore,
foran lieve castigo al grave eccesso
d’amarti un solo istante: altra non cerco,
né trovo colpa in me.
Anton.   Tu vuoi, Cleopatra,
con menzogneri detti ancor smentire
la terra, il ciel, l’inferno, e l’onda, in oggi,
di mia vergogna testimon veraci.
Non vidi io stesso, (e fia pur ver, che il vidi)
i legni miei di traditor ripieni,
cui l’affogarli solo era pietade,
ardimentosi andarne ai legni avversi,
a sommergerli, no, non a pugnarli,
ma ad accoppiar fra lor le navi infide?
Indi tutte nemiche, a me rivolte
indirizzar le temerarie prore?
Non vidi ancor gli empj soldati in terra,
che a me facean corona, e fronte all’oste,
fra cui sperai, se non vittoria, morte,
dal vile esempio infidi, e l’alma, e ’l piede
dal sentiero d’onor ritrarre anch’essi,
e fuggirsene amici ai rei nemici?
Antonio sol quivi restò nel campo
della viltá: rivolsi il guardo attorno
un amico cercando, e piú nol vidi;
un inimico volli, il qual pietoso
mi trapassasse il sen, né mi fu dato:
morte impetrai, e morte sorda ai prieghi
d’un’alma vil, rivolse il tergo ancora.
Che mi restò? L’amor... l’iniquo amore...
O nero cuor, tu, ch’agghiacciato ignori
fiamma d’amor; come infuocasti il mio?
E al mesto, infausto, e doloroso aspetto
di chi tanto t’amò, donna, non piangi?
Cleop. D’un traditor t’insulterebbe il pianto: —