Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/110

Da Wikisource.
104 alceste prima
reggia di Pluto a Proserpina scendo

allora; e, ai preghi datomi, ritrarre
spero alla luce, e ricondurre in mano
del mio ospite Alceste. Unico al mondo
infra gli ospiti Adméto, ei non negommi
ricovro pur, benché da grave angoscia
percosso ei stesso; e ascosemi, magnanimo,
il suo dolore; ed onorommi. Or quale
fra i Tessali, in amar ospiti, il vince?
E qual fra i Greci? Ah, non mai fia ch’ei dica,
d’aver servito ei generoso a ingrato!


SCENA QUARTA

Adméto, Coro.

Adméto Ahi tristo accesso, ed abborrita vista

di mie vedove stanze! Oimè! oimè!
Dove andrò? Dove starmi? Che favello?
Che taccio? Oh, come morir pur potrei?
Sventurato, deh, quanto generommi
la madre mia! Beati i morti, dico;
sol quelli invidio, e lor magion sospiro.
Né piú mi allegro in mirar questo Sole;
né, in su la terra l’orme mie stampando;
dacché pur toltomi sí amato ostaggio,
diedelo a Pluto la spietata Morte.
Coro Inoltra, inoltrati nel cupo lá
della reggia.
Adméto   Ahi me misero!
Coro   Soffristi
lamentevoli guai.
Adméto   Misero me!
Coro Nel duol sepolto io ben ti veggio.
Adméto   Ahi Fato!