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150 alceste seconda
una spontanea vittima in mia vece,

perché tu primo, or di’, perché tu solo,
che tanto amor per l’unico tuo figlio
aver ti vanti, allor perché non eri
presto a redimer con la vita tua
il mio morire, tu?
Alces.   Sposo, e tu farti
minor pur tanto di te stesso or osi
con cotai sensi? ad empia ira trascorri
contro al tuo padre tu? di chi ti dava
la vita un dí, tu chieder, tu bramare
duramente la morte?
Feréo   Oh figlio! acerba
emmi bensí, ma non del tutto ingiusta
or la rampogna tua: benché tu appieno
non sappi, no, ciò che ad Alceste è noto.
Essa dirtel potria, quanta e qual arte
per deludermi usasse, indi furarmi
l’onor di dar per te mia vita.
Alces.   Adméto,
il puro vero ei dice. Io fui, che prima
intercettai l’oracolo: poi tutte
preoccupar dell’adempirlo io seppi
scaltramente le vie: chiaro pur troppo
era che a me sí generoso incarco
spettava; ed io l’assunsi: ogni amor cede
a quel di sposa. Il punto stesso, in cui
seppi che andarne in contraccambio a Stige
l’uno tra noi, per te sottrarne, er’uopo;
quel punto stesso udía l’alto mio giuro
di scender per te a Stige. Era in mia mano
da quel punto il salvarti; altrui non chiesi
ciò che potea, voleva, e doveva io.
Feréo Or quí far pompa di maggior virtude,
ch’io non m’avessi, Adméto, non mi udrai.
Qual io per te nudrissi affetto in seno,