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atto terzo 217
salvami o madre, salvami.

Eva   Che parli?
Che hai tu visto? che temi?
Adamo   Oh Dio! quest’alba
d’infausto giorno messaggera infausta
sorgere mi pare.
Eva   Or, ti rinfranca, o figlio:
della tua madre tu stai fra le braccia.
Di che paventi? ansante...
Abèle   Oh madre!... Appena
ora, ed a stento, gli occhi mi si sgombrano
da una nera caligine... Ritrovo
or lena un poco.
Adamo   Onde mai tale e tanto
affanno?...
Abèle   I sogni miei, che m’eran sempre
piacevoli e dolcissimi, mi furo
orrida angoscia in questa notte intera.
E appunto ora, quand’io della tua voce
udendo il suono in piè balzava, appunto
or mi parea di star lá nella cupa
grotta del fonte; e che, mentr’io nell’onde
limpide e fredde, per trar di mie vene
del Sol l’arsura, entrambe diguazzava
le ignude braccia in giú spenzolato,
di sotto l’acque a un tratto un mostro in su
per pigliarmi scagliavasi; e all’indietro
io supino cadea. Poi mi pareva
veder fuggire il mio timido gregge,
come inseguito; e d’un’ignota fiera,
che lo si sbrana, gli urli; e de’ miei fidi
agnellini i piú cari, udiva i gemiti:
ond’io, Caíno, a tutto andar, Caíno,
gridava; ed ei, non rispondeva. Ed io,
per dare ajuto al gregge mio, correa,
e correa sempre piú. Ma il mostro appena