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226 abèle
anzi abbracciato strettamente al collo

del tenero amorevole fratello
non ti addormivi tu, beato? Or donde,
come, perché, fra smanie orrende io sorsi;
e fuggitivo, e sconoscente, e errante,
sordo a ragion, dal ver diviso, (ahi lasso!)
imperversando io vò? Su via, si vinca;
sí la malnata passíon si vinca.
Torno a voi, giá ritorno, o dolci, o amati
miei Genitori; a voi, che al par d’Abèle
mi amate, ah sí; piú assai che nol merto io. —
Ma, che veggo? ben veggo? a me davanti
si appresentan due umane creature?
e s’inoltrano? e vestono com’Eva!
Oh! l’una il viso ha come Abèl fiorito,
ma piú leggiadro ancora! altri v’ha dunque
di nostra specie in terra? eppure il padre
diceami ognor, che i soli eramo noi...


SCENA QUARTA

L’Invidia, Caíno, La Morte.

L’Inv. O giovine, che titubi, e consideri,

fra palpiti atrocissimi, il gran fiedere
che addoppiano col brivido, ond’assideri,
quegli aspidi che avvinghianti com’edere;
deh, piacciati (se impavido desideri
a giubilo incessabile pur riedere)
deh piacciati alle limpide acque intendere,
che debbono lietissimo l’uom rendere.
Caíno Oh! chi sei tu, che in cosí strani accenti
mi favelli? Altri dunque, a noi non noti,
uomini v’ha su questa terra? Ah! trammi
di dubbio tu: dimmi chi sei: ma adopra