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68 alceste prima
purché scendesse in di lui vece all’Orco

altr’alma. Adméto, indarno, iva tentando
e i varj amici, e il proprio padre, e carca
d’anni la madre, se al morir propensi
fossero in vece sua; sola ei trovava
presta a lasciare in eterno la luce
del dí per esso, la sua moglie Alceste.
Egra quindi ella, in su pietose braccia
per la reggia trasportasi, morente.
Giá il dí fatal di sua partita è sorto
irremissibilmente. Oimè! pur troppo
sottrarmi io debbo a questi amati tetti,
perché la Morte, ch’io veggo inoltrarsi,
contaminar mia deitá non vaglia
in questa reggia. Ecco, si appresta, fera
sacerdotessa, a strascinarne a Pluto
l’infelice sua vittima: al dí fisso
del fatal varco, vigile ella giunge.


SCENA SECONDA

La Morte, Apollo.

Morte Olá! che fai? perché ti aggiri, o Febo,

a questa reggia innanzi? ingiusto anch’oggi
segregar forse, o rattener ti avvisi
prede a Dite dovute? Or, non ti basta
l’a me furato Adméto, e defraudate
con nuova arte le Parche? Anco la destra
armi or di strali, a custodir pur questa
figlia di Pelia, che a sottrar suo sposo,
se stessa a Morte scambio oggi promette.
Apollo Non temer: giust’io sono.
Morte   A che pur l’arco,
se giusto sei?
Apollo   Quest’è il mio incarco usato.