Pagina:Alfieri - Rime scelte, Sansoni, 1912.djvu/154

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126 rime varie


Sapremmo or noi, che il suo sublime sdegno
8 Questi accenti in morire avea disciolti:
Me stesso, me, di mia vil morte accuso;
Non Prusia infido,1 e non di Roma il crudo
11 Odio, finor dall’odio mio deluso.2
Canne, a mia fama adamantino scudo,
Oh, ne’ tuoi campi dal mio carcer3 schiuso
14 Mi fossi! or non morrei di gloria ignudo.


CXXVII [clxxii].4

Tormenti amorosi.

Tante, sí spesse, sí lunghe, sí orribili5
Percosse or dammi iniquamente Amore,
Che i mie’ martíri omai fatti insoffribili
4 Mi van traendo appien del senno fuore.


  1. 10. Prusia infido: «Accidit casu ut legati Prusiae Romae apud T. Q. Flamininum consularem cenarent, atque ibi de Hannibale mentione facta, ex iis unus diceret eum in Prusiae regno esse. Id postero die Flamininus senatui detulit. Patres conscripti, qui Hannibale vivo nunquam se sine insidiis futuros existimarent, legatos in Bithyniam miserunt, in eis Flamininum, qui ab rege peterent, ne inimicissimum suum secum haberet sibique dederet. His Prusia negare ausus non est; illud recusavit, ne id a se fieri postularent, quod adversus jus hospitii esset: ipsi, si possent, comprehenderent; locum ubi esset, facile inventuros...» Cornelio Nipote, nella Vita di Annibale, 12.
  2. 11. Deluso, vinto: Cornelio Nipote scrive di Annibale (Vita cit., 1). «Si verum est, quod nemo dubitat, ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit, non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros imperatores prudentia, quanto populus Romanus antecedat fortitudine cunctas nationes. Nam quotienscumque cum eo congressus est in Italia, semper discessit superior. Quod nisi domi civum suorum invidia debilitatus esset, Romanos videtur superare potuisse».
  3. 13. Dal mio carcer, dal mio involucro corporeo. Ricorda le parole con le quali Saul si getta sulla spada nella tragedia alfieriana:
    .... Empia Filiste,
    Me troverai, ma almen da re, qui... morto.
  4. Nel ms.: «19 agosto, di notte, in letto».

    Sebbene un componimento poetico non possa che in piccola parte valere quale documento fisiologico, pure questo sonetto mi par notevole per gli accenni che vi si trovano ad uno stato di vera perturbazione del corpo e, conseguentemente, dello spirito del nostro Poeta. Orribili crisi nervose son quelle a cui egli dice di essere andato soggetto nell’agosto del 1786, e ciò è pienamente confermato da quanto leggesi al cap. 16° dell’ep. IV dell’Aut.: «... entrai in un turbamento di spirito che mi offuscò per piú di tre mesi la mente, talché poco e male lavorai fino al fin d’agosto quando al riapparire dell’aspettata donna tutti questi miei mali di accesa e scontenta fantasia sparirono». (Intorno alle anormalità fisiopsicologiche dell’A. vegg. G. Antonini e L. Cognetti De Martiis., V. A., con pref. di Ces. Lombroso, Torino, Bocca, 1898).

  5. 1. Orribili, si noti la rima sdrucciola ne’ versi dispari delle quartine.