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250 dalle «satire»


Né mi albergava in core altro desío,
Che varcar l’Alpi, e spazïar la vista
51 Fra que’ popoli, grandi a petto al mio.
Quind’io Fiorenza già tenea per vista;
E, muto e sordo e cieco a ogni arte bella,
54 D’Anglo sermon quivi facea provvista;1
Ignaro appien di mia futura stella,
Che ricondurmi all’Arno un dí dovea
57 Balbettator della natía favella.2
Pur non del tutto vaneggiar mi fea3
D’Oltrementi l’amor, quand’io di tanto
60 Minori i Toschi al lor sermon vedea.
Ma, piú che i Toschi io nullo,4 or lascio intanto
Firenze, e Lucca già di vol trapasso,
63 Senza pure assaggiarvi il Volto Santo.5
Pisa Livorno e Siena mi dan passo,6
Perch’io sbrigarmi in fretta e in furia voglio
66 Di veder questa Roma e il suo Papasso,7
Ecco, alle falde io sto del Campidoglio:
Ma il carneval che in Napoli mi chiama,
69 Fa che per or di Roma io mi disvoglio.
Nei giorni santi di vederla ho brama,
Perché i Britanni miei l’usan cosí;
72 E il mio appetito ratto si disfama.8


    namorato dell’Inghilterra e della Francia: perciò che l’A. vide nel breve tempo che rimase a Firenze, legg. il cap. I° dell’ep. III dell’Autob.Per la vita, a costo della vita.

  1. 52-53. «Fra le tante mie giovenili storture, di cui mi toccherà di arrossire in eterno, non annovererò certamente come l’ultima quella di essermi messo in Firenze ad imparare la lingua inglese nel breve soggiorno di un mese ch’io vi feci, da un maestruccio Inglese che vi era capitato; invece di imparare dal vivo esempio dei beati Toscani a spiegarmi almeno senza barbarie nella loro divina lingua ch’io balbettante stroppiava, ogni qual volta me ne doveva prevalere» (Aut., III, I°).
  2. 57. Nel son. Che diavol fate voi, Madonna Nera: Tosco innesto son io su immondo stelo.
  3. 56-58. E piú largamente in un son. già commentato:
    Italia, o tu che nulla piú comprendi
    Di grande iu te, che l’aureo tuo sermone...
  4. 61. Nullo, senza alcun valore, ignorantissimo.
  5. 63. Il Volto Santo, ricordato anche da Dante (Inf., XXI, 48) è un crocifisso di legno nero, portato, dicono da Costantinopoli a Lucca verso l’ottavo secolo, opera, secondo la leggenda, di Nicodemo, meno il volto scolpito da mano divina, che conservasi in una cappella nella magnifica cattedrale di Lucca.
  6. 64. Di Pisa piacque all’A. il Camposanto, di Livorno la topografia, che gli richiamava alla mente quella della sua Torino; in Siena, «sebbene non gli piacesse gran fatto.... pure sentí quasiché un vivo raggio che gli rischiarava a un tratto la mente, una dolcissima lusinga agli occhi e al cuore, nell’udire le piú infime persone cosí soavemente, e con tanta eleganza, proprietà e brevità favellare (Aut., III, I°).
  7. 66. Papasso è propriamente il sacerdote di false religioni, e l’usarono in tale significato il Pulci (Morg. XVIII, 119) e l’Ariosto (Orl. fur., XXXVIII 36); ma credo che qui ci stia unicamente per via della rima.
  8. 72. Disfama è in Dante (Purg., XV, 76):
    E se la mia ragion non ti disfama...