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128 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1767] sai Vicenza, Verona, Mantova, Milano, e in fretta in furia mi ridussi in Genova, città che da me veduta alla sfuggita qualch’anni prima, mi avea lasciato un certo desiderio di se. Io aveva delle lettere di raccomandazione in quasi tutte le suddette città, ma per lo più non le ricapitava, o se pur lo faceva, il mio solito era di non mi lasciar più vedere; fuorchè quelle persone non mi venissero insistentemente a cercare; il che non accadea quasi mai, e non doveva in fatti accadere. Questa sì fatta selvatichezza era in me occasionata in parte da fierezza e inflessibilità d’ineducato carattere, in parte da una renitenza naturale e quasi invincibile al veder visi nuovi. Ed era pur cosa impossibile davvero di andar sempre cangiando paese senza che mi si cangiassero le persone. Avrei voluto per la parte del cuore convivere sempre con la stessa gente; ma sempre in luogo diverso.

In Genova dunque, non vi essendo allora il Ministro di Sardegna, e non conoscendovi altri che il mio banchiere, non tardai anche molto a tediarmi; e già aveva fissato di partirne verso il fine di Giugno, allorchè un giorno quel banchiere, uomo di mondo e di garbo, venutomi a visitare, e trovatomi così solitario,