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236 VITA DI VITTORIO ALFIERI.

[1773] mente ch’io l’avea inventata esclusivamente per me. Cominciò con lo dar di stomaco per ben trentasei ore continue, in cui non v’essendo più neppur umido da rigettare, si era risoluto il vomito in un singhiozzo sforzoso, con una orribile convulsione del diaframma che neppur l’acqua in piccolissimi sorsi mi permettea d’ingojare. I medici, temendo l'infiammazione, mi cacciarono sangue dal piede, e immediatamente cessò lo sforzo di quel vomito asciutto, ma mi si impossessò una tal convulsione universale, e subsultazione dei nervi tutti, che a scosse terribili ora andava percuotendo il capo nella testiera del letto, se non me lo teneano, ora le mani e massimamente i gomiti, contro qualunque cosa vi fosse stata aderente. Nè alcunissimo nutrimento, o bevanda, per nessuna via mi si potea far prendere, perchè all'avvicinarsi o vaso o istromento qualunque a qualunque orifizio, prima anche di toccare la parte era tale lo scatto cagionato dai subsulti nervosi, che nessuna forza valeva a impedirli: anzi, se mi voleano tener fermo con violenza era assai peggio, ed io ammalato dopo anche quattro giorni di totale digiuno, estenuato di forze, conservava però un tale orgasmo di muscoli, che mi venivano fatti allora degli sforzi che non