Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/118

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Oh immenso, oh invitto Amor! che per sottrarne
     All'eterno penar sì breve prova
     513Di duol valesti a nostro scampo darne,
Quanto la tua pietade in me rinnova
     Il rimembrar de’ falli miei più crudo!
     516Ah! lagrime non già, ma sangue piova
Il moribondo cor, che in petto io chiudo.
     Guardami: a te le man gelate io stendo;
     519Quelle apri tu del sacro Corpo ignudo,
E le mie teco stringi al tronco orrendo.
     Tu le tue piaghe désti a me, che amasti;
     522Ed io quai piaghe vili, oimè, ti rendo!
In così dir gli omeri enfiati e guasti
     Sì duro flagellò, ch’io gridai quasi:
     525Deh! cessa, e tanto scempio ornai ti basti.
Ei dall’ossa poiché svelti ebbe e rasi
     Gli egri carnosi brani, in seno a quelli,
     528Che gli fean scorta negli estremi casi,
Appoggiò il capo, e fra i languor novelli
     Dolcissima spiegò sul volto pace,
     531E gli occhi fisi al ciel sembràr più belli;
Poi, come suole semiviva face,
     Che nel ratto sparir più s’avvalora,
     534Lieto sclamò: Ti seguo; ove a te piace
Guidami tu, Dio di bontade. Allora
     Muto, e ombrato dagli ultimi pallori
     537Spirò l’Anima pia verso l’aurora;
E canti ed arpe e cembali di Cori
     D’Angeli, e teste intramischiate ad ale,
     540Iridi e raggi e inghirlandati Amori
La sciolta accompagnàro Alma immortale.
     Che dall’aurata nube, in cui si chiuse.
     543Diè un guardo, e dir addio parve al suo frale.