Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/126

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Come una Donna, la cui vaga scorza,
     Pria che cenere fosse unqua non vidi,
     18A serbarla nel cor viva mi sforza?
Degna fu ben, che in lagrimosi gridi
     Sonasser tutti di Marianna al nome
     21Del Germanico mare i monti e i lidi;
Degna fu, mentre da sue frali some
     La bell’Alma fuggìa, che l’Istro e il Reno
     24Strappassero il guerrier lauro alle chiome.
Ma benché i mesti onor di morte appieno
     Fosser dovuti a lei, qual parte avea
     27Il mio con essa immaginar terreno?
Forse scritto è lassù, che ignota idea
     Per secreto destin mia mente annodi,
     30O del mio vaneggiar la mente è rea.
Mentr’io mille tentava altre arti e modi
     Per rispinger l’immago, in cui s’immerse
     33La ragion mia con sì tenaci nodi,
Spettacol grande agli occhi miei s’offerse,
     Che i sensi in un momento e i desir tutti
     36Dell’affannato ingegno a sè converse.
Colà, dove Aquilon serba i ridutti
     Gelidi venti, che poi scioglie irato
     39Contra le selve annose e i salsi flutti ,
Dal polo fin dell’oriente al lato
     Con luce di sanguigno ardor feconda
     42Si tinse il taciturno aere stellato;
Tal che dell’Eridàn presso alla sponda
     Ne rosseggiàro al ripercosso lume
     45Gli uomin, le navi, i tronchi, e l’erbe, e l'onda.
Mentre seguendo il nuovo suo costume
     Ardea purpureo il ciel, gli apparve al lembo
     48Un, che l’aure inondò, ceruleo fiume;