Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/151

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settima 129

Che se più tarda ai mali era l’aita,
     120Oimè! forse m’avria la cruda doglia
     Spinto a dar fine all’infelice vita.
Or tu mi guida entro una sacra soglia,
     123Ove della prestata a me salute
     Alla divina Madre il voto io scioglia;
Chè ben gemina infuse a noi virtute:
     126A me il valor fra la procella orrenda;
     E a te il voler, che il mio naufragio ajute.
Là fia, che a Lei le man divote io stenda,
     129Perch’ella, di Pietà fonte, l’eguale
     A cotanta pietà mercè ti renda.
Tacqui; ed a lui tenero gaudio, e tale
     132Sul volto sfavillò, ch’io mai non vidi
     Sì lieto in benigne opre altro mortale;
Quindi con atti d’amistà più fidi
     135Mi gittò il manto su l’umide spalle
     Contra il vivo aere de’ marini lidi,
E mi fé’ scorta nell’ignoto calle
     138Con passi al Tempio sovra l’argin pronti,
     Da cui scendemmo poi dentro una valle
Tronca, e bagnata da perpetue fonti,
     141Col ragionar sceme rendendo assai
     Le ingrate cure in varcar prati e ponti.
Per sì lungo cammin qual fu narrai
     144Del sangue mio la varia sorte, e dove
     Fra i miei vagiti il primo Sol mirai,
Da quai spiagge affrontar l’infauste prove
     147Ardii de’ flutti, e donde il vento crebbe
     Più forte, e aggiunse furie al turbin nove;
E quanto mar la nave scorse, e bebbe
     150Senz’arte e stella; e come il gonfio Tago
     Sommersa alfin tra le voragin l’ebbe.