Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/153

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settima 131

Languìro alfin de’ nervi lassi incerte
     186Le forze, e il sonno tacito mi chiuse
     Le ciglia di papaveri coperte.
E forse il Sol le fiamme alto diffuse
     189Avrebbe pria che quel torpor disciolto
     Fosse, che nelle mie membra s’infuse;
Ma un sogno, in cui da tremiti sconvolto
     192Cader l’albergo, ov’io giacca, mi parve.
     Scosse, e m’aprì gli occhi smarriti in volto:
Ond’io pien dell’obbietto, che m’apparve,
     195M’alzai, corsi, m’aggiunsi alla mia Guida;
     E in raccontar le pria sognate larve
Svelai della divina Immagin fida
     198Il visto pianto, e dissi: Oimè! che questa
     È terra infausta, e a chi la piange infida.
Sospirando ei rispose: Oh manifesta
     201Per sì terribil segni ira di Dio,
     Tarda, ma più ne’ colpi suoi funesta!
Ben te naufrago il Ciel volle, perch’io
     204Da’ tuoi congiunti ai miei prodigj orrendi
     Scorga le preparate al Popol mio
Lagrime amare e stragi. Ah! se tu prendi
     207Tenera parte negli affanni altrui,
     Odi gran cose e a quel che narro, attendi.
Condottier nella ferma etade io fui
     210Di nave carca, e me dal mio disgiunsi
     Nido, spregiando il mar co’ sdegni sui.
Le Brasilidi piagge a premer giunsi
     213Con tal sorte, che a quel, che il sangue diemme
     In mio retaggio, ampio tesoro aggiunsi;
Ma non l’aurate verghe, e non le gemme,
     216Né gli odorati aromi il mio fér lieto
     Desìo, maggior dell’Indiche maremme;