Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/217

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decima 195

E folto di stendardi un cercliio ordìro;
     Ma il Condottier, ch’ argin non pose, o sbarra
     183Ai moti, che letizia in lui scoprìro:
S’io ti diei, disse, non ignobil arra
     D’onor dovuto al trionfal tuo merto,
     186Dell’opra, onde vanto hai, l’ordin mi narra;
Nè dubitar, che il suon mi giunga incerto,
     Perchè l’orecchio mio dai serpi orrendi
     189A pietà chiuso è a crudeltade aperto.
E il lordo Angelo a lui rispose: Ah! prendi
     Dai mesti detti miei duro argomento
     192D’ira e trionfo no, ma scorno attendi.
Degli antichi odj armato, e d’ardimento
     Agli odj eguale io dalle labbra immonde
     195In lei spirai l’imputridito vento,
Per cui dove il vitale umor s’asconde
     Maligno seme infusi, e tutte resi
     198Del tosco mio le interne vie feconde.
S’ottenebràro i dolci occhi, e rappresi
     Da febbrifero ghiaccio i nervi diéro
     201Inordinato corso ai succhi offesi.
Ben Luisa avvampando in ardor fiero,
     Che le struggea fin l’intime midolle.
     204Della sua certa morte ombrò il pensiero,
E inquieta di sè, men che del molle
     Scopo degli amor suoi, tai voci sciolse,
     207Che tristamente acceso il cor dettolle:
Lassa! perchè l’amor mio, che m’avvolse
     In sì tenere fiamme, ei stesso lunge
     210Dal caro obbietto i passi miei rivolse?
S’ei l’Alme dai pensier gravi disgiunge,
     Come ingombrò della ragion del Regno
     213La mia, che amata indarno ama or da lunge?