Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/226

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Io nell’intelligenti Alme rinnovo
     La lor calcolatrice interna forza
     480Libera sì, come in me stessa io provo:
Né il raggio mio, che la ricrea, s’ammorza.
     Benché partito in infinite forme,
     483Perché principio eterno lo rinforza.
Ben paventa l’uom vil, ch’io mi trasforme
     In cruda madre, qualor scemo, o tolgo
     486Il gaudio a’ suoi desir terrei conforme;
Pur di pietade allor, non d’ira accolgo
     Provvidi in me pensieri, e tal mi rendo
     489Per render largo più, quant’io ritolgo.
Tu, Luisa, tel sai, tu, che all’orrendo
     Affanno tuo mortal dei quell’immensa
     492Letizia, onde t’inebbrj ov’io più splendo;
Ma questo Popol tuo doglioso pensa
     A te, che lo lasciasti, e in trista piagne
     495Notte d’amare tenebre condensa.
Tempo è, che i tuoi trìonfi egli accompagne
     Con vivo plauso, e il mio poter adori,
     498Che l’empie arti d’Averno assale e fragne.
Mira: ecco Amor, che sacri a me duo cori,
     Qual bramasti, annodò. Mira qual bella
     501Pompa i tuoi voti, e la tua morte onori.
Tacque, e con face sfavillò novella
     Un sembiante viril, che scender parve
     504Volando in mezzo a fiammeggianti anella,
Qual di Saturno a chi guardollo apparve
     Cinto il pianeta da variante cerchio
     507Or chiaro, or bujo, ove il sol arse, o sparve.
Ei movea sotto ad un leggier coperchio
     Di fior leggiadri dalle bianche spalle
     510D’Angioli retto in aria al voi soverchio.