Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/244

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232 Dialogo Quinto.

ne, che alla materia Tortile. Si direbbe ch’egli è iìato nel cafo di alcuni Autori, i quali per far guitar la Storia ad una certa Nazione fono talvolta collretti ad inferirvi Epifodj favolofi, e a darle la fembianza di Romanzo. Non è egli vergognosi agli uomini, che perfino le verità del Signor Newton abbiati bifogno di qualche picciolo artifizio per elìer da loro ricevute?

Non farebbe egli più rofìo quello, m’interupp’ella, un’artifizio voflro di forpren dermi per via dell’onore, e di volermi in tal maniera far credere, che io non intenda meglio la materia fotrile, che l’attrazione, o come il moto fia per efempio ne’ corpi, che come vi fia cotefta, che voi a ragion chiamate mifteriofa forza? La volita illufione, replicai io, viene da ciò, che voi vi liete familiarizzata con un* idea e non coli’ altra. Voi vedete tutto giorno i corpi muoverti, e comunicarfi vicendevolmente il moto, ma non li avete ancor veduti attraerfi. Voi vi maravigliate dell’attrazione, e non degnate maravigliarvi del moto; i Filofofi non già, che fono obbligati di ricorrere per la fpiegazione di elfo, e della fua comunicazione a Dio, come i Poeti per lo feioglìmento di un nodo troppo inviluppato. Un Portughefe avvezzo a riverir gli occhiali fui nafo delleperfone più gravi, come contraffegno delle maggiori dignità, farebbe forprefo in vedere un Mandarino alla Gina lafciarfi crefeer l’unghie per la fteiTa ragione, avendo un lungo abito congiunto nel fuo fpinto quefte due idee, benché nulla abbian di comune fra loro, dignità ed