Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/185

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purgatorio - canto vi 179

     giusto giudicio da le stelle caggia
sovra ’l tuo sangue, e sia novo e aperto,
102tal che ’l tuo successor temenza n’aggia!
     ch’avete tu e ’l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costá distretti,
105che ’l giardin de lo ’mperio sia diserto.
     Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom senza cura:
108color giá tristi, e questi con sospetti!
     Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
de’ tuoi gentili, e cura lor magagne:
111e vedrai Santafior com’è secura!
     Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dí e notte chiama:
114«Cesare mio, perché non m’accompagne?»
     Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietá ti move,
117a vergognar ti vien de la tua fama.
     E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
120son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
     O è preparazion che ne l’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
123in tutto de l’accorger nostro scisso,
     che le cittá d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
126ogni villan che parteggiando viene?
     Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
129mercé del popol tuo che sí argomenta!
     Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir senza consiglio a l’arco;
132ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca.
     Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo sollicito risponde
135senza chiamare, e grida: «I’ mi sobbarco!»