Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/205

Da Wikisource.

purgatorio - canto xi 199

     disparmente angosciate, tutte a tondo,
e lasse, su per la prima cornice,
30purgando la caligine del mondo.
     Se di lá sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
33da quei c’hanno al voler buona radice?
     Ben si de’ loro atar lavar le note
che portar quinci, sí che, mondi e lievi,
36possano uscire a le stellate rote.
     «Deh, se giustizia e pietá vi disgrevi
tosto, sí che possiate muover l’ala,
39che secondo il disio vostro vi levi,
     mostrate da qual mano inver la scala
si va piú corto; e se c’è piú d’un varco,
42quel ne ’nsegnate che men erto cala;
     ché questi che vien meco, per lo ’ncarco
de la carne d’Adamo onde si veste,
45al montar su, contra sua voglia, è parco».
     Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui cu’io seguiva,
48non fur da cui venisser manifeste,
     ma fu detto: «A man destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
51possibile a salir persona viva.
     E s’io non fossi impedito dal sasso
che la cervice mia superba doma,
54onde portar convienmi il viso basso,
     cotesti, ch’ancor vive e non si noma,
guardere’io, per veder s’i’ ’l conosco,
57e per farlo pietoso a questa soma.
     Io fui latino e nato d’un gran tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
60non so’ se ’l nome suo giá mai fu vosco.
     L’antico sangue e l’opere leggiadre
de’ miei maggior mi fer sí arrogante,
63che, non pensando a la comune madre,