Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/239

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purgatorio - canto xviii 233

     Quest’è il principio lá onde si piglia
ragion di meritare in voi, secondo
66che buoni e rei amori accoglie e viglia.
     Color che ragionando andaro al fondo,
s’accorser d’esta innata libertate,
69però moralitá lasciaro al mondo;
     onde, poniam che di necessitate
surga ogni amor che dentro a voi s’accende,
72di ritenerlo è in voi la podestate:
     la nobile virtú Beatrice intende
per lo libero arbitrio; e però guarda
75che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende».
     La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer piú rade,
78fatta com’un secchion che tutto arda;
     e correa contra ’l ciel per quelle strade
che ’l sole infiamma allor che quel da Roma
81tra’ Sardi e’ Corsi il vede quando cade.
     E quell’ombra gentil per cui si noma
Pietola piú che villa mantovana,
84del mio carcar diposto avea la soma;
     per ch’io, che la ragione aperta e piana
sovra le mie quistioni avea ricolta,
87stava com’uom che sonnolento vana.
     Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
90le nostre spalle a noi era giá volta.
     E quale Ismeno giá vide ed Asopo
lungo di sé di notte furia e calca,
93pur che i Teban di Bacco avesser uopo;
     cotal per quel giron suo passo falca,
per quel ch’io vidi di color, venendo,
96cui buon volere e giusto amor cavalca.
     Tosto fur sovra noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
99e due dinanzi gridavan piangendo: