e similmente l’anima primaia
mi facea trasparer per la coverta 102quant’ella a compiacermi venía gaia.
Indi spirò: «Senz’essermi proferta
da te, la voglia tua discerno meglio 105che tu qualunque cosa t’è piú certa;
perch’io la veggio nel verace speglio
che fa di sé pareglio a l’altre cose, 108e nulla face lui di sé pareglio.
Tu vuoli udir quant’è che Dio mi pose
ne l’eccelso giardino ove costei 111a cosí lunga scala ti dispose,
e quanto fu diletto a li occhi miei,
e la propria cagion del gran disdegno, 114e l’idioma ch’usai e ch’io fei.
Or, figliuol mio, non il gustar del legno
fu per sé la cagion di tanto esilio, 117ma solamente il trapassar del segno.
Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
quattromilia trecento e due volumi 120di sol desiderai questo concilio;
e vidi lui tornare a tutt’i lumi
de la sua strada novecento trenta 123fiate, mentre ch’io in terra fu’mi.
La lingua ch’io parlai fu tutta spenta
innanzi che a l’ovra inconsummabile 126fosse la gente di Nembròt attenta;
ché nullo effetto mai razionabile,
per lo piacere uman che rinnovella 129seguendo il cielo, sempre fu durabile.
Opera naturale è ch’uom favella;
ma cosí o cosí, natura lascia 132poi fare a voi, secondo che v’abbella.
Pria ch’i’ scendessi a l’infernale ambascia, I s’appellava in terra il sommo bene 135onde vien la letizia che mi fascia;