Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/480

Da Wikisource.
474 la divina commedia

fissate sugli errori dell’organo dell’occhio e la provenienza regionale degli scrittori. Che qualche cosa di simile sia avvenuto non è da escludersi anche per la lunghezza dell’opera, che piú d’un copista tenne a mettere in mostra:

Finis adest longi Dantis cum laude laboris.

Peggio è che, come scomparve l’autografo, cosí nessuno dei primi apografi par certo che sia sopravvissuto: non quelli che tennero i signori di Verona e di Ravenna, non quello di mano di Iacopo che Filippo Villani in tardissima etá scrisse di aver avuto tra mano (affermazione assai dubbia). E tanto meno rimane alcuna di quelle copie che delle prime due cantiche e forse di parte della terza dovettero divulgarsi vivo il Poeta; mentre si può ammettere ch’esse abbiano contribuito, anche se non molto, alla varietá delle prime copie integrate, e degli apografi successivi.

La tradizione tanto complessa dei manoscritti fin dalle prime origini, spiega quella tanto laboriosa delle edizioni1. Qui basta rammentarne quelle che in passato segnarono i momenti di maggior progresso, anche a titolo di gratitudine: e sono tre. La prima è l’Aldina del 1502, alla quale dette l’opera sua Pietro Bembo, ed ebbe a fondamento il cod. Vatic. 1399, che fu creduto di mano del Boccaccio. La seconda è quella della Crusca del 1595, o piú esattamente di Bastiano dei Rossi, suo segretario: muove dall’Aldina, ma ha il merito di aver restituito alla piú giusta lezione un gran numero di passi e costituito la base della vulgata, per oltre due secoli. La terza è quella del 1837, a cura degli accademici G. B. Niccolini, Gino Capponi, Giuseppe Borghi, Fruttuoso Becchi, pei tipi del Le Monnier, eseguita con nuovi spogli (non sempre metodici) e tenendo conto del lavoro precedente giá allora cospicuo.

L’attivitá critica piú moderna, cioè piú consapevolmente razionale e scientifica, è giusto incominciarla dal tedesco C. Witte2,

  1. Cfr. i Prolegomeni critici di C. Witte all’edizione di Berlino 1862, sino a quella data; e per un riassunto tanto utile quanto rapido, condotto sino ad oggi, v. N. Zingarelli, La vita, i tempi e le opere di Dante, Milano, Vallardi, 1931, p. II, p. 778 sgg.
  2. Ediz. sopra citata.