Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/58

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52 la divina commedia

     Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso,
che mori per la bella Deianira
69e fe’ di sé vendetta elli stesso.
     E quel di mezzo, ch’ai petto si mira,
è il gran Chiron, il qual nodrí Achille;
72quell’altro è Folo, che fu sí pien d’ira.
     Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
saettando qual anima si svelle
75del sangue piú che sua colpa sortille».
     Noi ci appressammo a quelle fiere snelle:
Chiron prese uno strale, e con la cocca
78fece la barba indietro a le mascelle.
     Quando s’ebbe scoperta la gran bocca,
disse a’ compagni: «Siete voi accorti
81che quel di retro move ciò ch’el tocca?
     Cosí non soglion far li piè de’ morti».
E ’l mio buon duca, che giá li era al petto,
84dove le due nature son consorti,
     rispose: «Ben è vivo, e sí soletto
mostrarli mi convien la valle buia:
87necessitá ’l ci ’nduce, e non diletto.
     Tal si partí da cantare alleluia
che mi commise quest’officio novo:
90non è ladron, né io anima fuia.
     Ma per quella virtú per cu’ io movo
li passi miei per sí selvaggia strada,
93danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo,
     e che ne mostri lá dove si guada,
e che porti costui in su la groppa,
96ché non è spirto che per l’aere vada».
     Chiron si volse in su la destra poppa,
e disse a Nesso: «Torna, e sí li guida,
99e fa cansar s’altra schiera v’intoppa».
     Or ci movemmo con la scorta fida
lungo la proda del bollor vermiglio,
102dove i bolliti facieno alte strida.