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134 DE VULGARI ELOQUENTIA.


vedere com’esso.... è da biasimare, guardi che opere ne fanno i buoni Artefici: Conv., ii, 11. E fra costoro erano da annoverarsi Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e lo stesso Allighieri, che or qui, siccome fiorentino, si vede obbligato di porsi subito dopo de’ suoi concittadini e amici, laddove egli sentiva che per meriti maggiori avrebbe dovuto dare la solita preferenza all’altro suo amico Cino da Pistoja: Vulg. El., ii, 5 e 6. Ma se difatti que’ Valentuomini digredirono o dipartironsi alquanto, «diverterunt,» dal proprio Volgare, gli è perchè la sublime condizione delle loro poesie richiedeva, che se ne facesse una scelta sì nei vocaboli e sì ne’ costrutti, quando pure non vi fosse bisognato d’introdurvi alcuna voce nuova per corrispondere alla qualità delle cose cantate, o nuove troppo rimote dalle familiari al Volgo. E così egregio Volgare s’allontana per certo da quello, che il Popolo toscano attinge naturalmente dalla mamma e dal babbo; ma, non che se ne disformi, rimane con esso in sostanza e per indole uno, a rendere meglio intera la ricchezza d’una sola Lingua. Ho voluto ancor una volta insistere sul medesimo argomento, giacchè a questo luogo le parole di Dante appariscono forse le più gravi che possano addursi contro l’Idioma de’ Toscani, mentrechè, disaminate con sincerità e a fondo, c’ingenerano anzi la persuasione, che da esso ben potè derivarsi quanto di più vitale ed eccellente pigliò campo nella Lingua della nostra Letteratura e quindi della nostra Nazione. Del sicuro, che il Volgo di Toscana non parla così per l’appunto, nè tutta quanta, nè qual’è corretta ad Arte, la Lingua trasfusa nel Canzoniere del Cavalcanti e in quelli di Dante e del suo Amico da Pistoja, ma tuttavia la mantiene vivacissima nella sua informe natura.

35. Quis autem quod de Tuscis asserimus, de Januensibus asserendum non putat, etc. Non v’ha pertanto verun dubbio che l’Allighieri, eziandio rispetto ai genovesi Scrittori, se pur allora ne fioriva qualcuno, non fosse di fermo avviso, che siansi ancor essi dipartiti dal materno Dialetto. Ma non so come, nè dove, abbia potuto ei convincersi, che la lettera r s’intromettesse così del frequente in questo loro Lin-