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CONCETTO DI DANTE, EC. 193


Lingua bastevole ad ogni genere di scrittura, conobbero il fine, che altrove cercavano, in Toscana essere ottenuto: e i Libri toscani, che già molti erano ed insigni in Prosa ed in Verso, pigliando corso, diedero norme a quella che poi fu Lingua scritta della Nazione.

Ma questa sorta d’autorità, nulla potendo sopra i parlari delle altre Provincie, si manteneva insufficiente, e da principio i Toscani stessi poco s’arrischiavano a tanto presumere del loro Dialetto. Dante, che giovane lo avea usato nella Vita Nuova senza che paresse a lui di far male, quando più adulto e già nell’esilio si diede a scrivere il Convito, fece nel principio di quel Libro lunga scusa, per avere commentato in Lingua Volgare le Canzoni che aveva composte in Lingua Volgare. Scriveva egli poco dopo espressamente un altro Libro, che ha per titolo: «De Vulgari Eloquio,» e dettava questo in Lingua latina; vitupera in esso i parlari tutti dell’Italia, e più degli altri quello di Firenze, cercando un Volgare che sia comune alla Nazione, e che distinto dai plebei Dialetti di ogni Provincia possa degnamente chiamarsi Illustre, Cardinale, Aulico e Curiale. Ma prima occorreva al nuovo Idioma tòrre via quel nome di Volgare, per farlo capace di tanto insigni prerogative. E qui a me sembra avere Dante confuso talvolta la Lingua e lo Stile nel concetto di quel Libro, al quale non diede giammai compimento, sebbene molti anni poi gli rimanessero di vita. Benchè vi si alleghino, a condanna dei Dialetti, voci triviali e plebee, il discorso di quel Libro non viene a fermare le ragioni della Lingua, ma dell’Eloquenza: «Compose un Libretto in prosa latina, il quale egli intitolò «De Vulgari Eloquentia» (scrive il Boccaccio nella Vita dell’Alighieri);» e questi medesimo dice contenervisi una dottrina — dell’Eloquenza Volgare, — siccome aveva gia nel Convito annunziato essere sua intenzione. Discorre, a guardarvi propriamente, dell’alto Stile; a scrivere il quale non vuole si mettano altro che gli Uomini eccellenti, nè vuole che in quello si trattino altre materie, fuorchè le ottime e grandissime. Questo era il Volgare Illustre, secondo che Dante lo intese; era il linguaggio conveniente ai

Dante, Opere latine. 13