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sviluppo tecnologico e queste declinazioni rappresentano solo alcuni dei modi con cui è possibile intenderlo.

D’altro canto, secondo alcuni la neutralità può essere addirittura intesa in un senso ancor più ampio, riferito allo sviluppo di tecnologie in generale. Si legga ad esempio come si esprime Lawrence Lessig (uno dei più influenti autori su queste tematiche) in un paragrafo del suo fondamentale libro "Il futuro delle idee" intitolato proprio "Piattaforme neutrali":

«Lo strato critico da proteggere se si vuole garantire l’innovazione nella Rete è lo strato di codice, lo spazio in cui il codice stabilisce il flusso dei contenuti e delle applicazioni. È a questo livello che originariamente Internet adottò il principio dell’end-to-end. Quel principio assicurava che il controllo agisse dal basso verso l’alto; che ciò che succedeva, accadeva perché erano gli utenti a richiederlo; e che ciò che gli utenti richiedevano fosse libero di essere raggiunto. Un compromesso su questo principio è la minaccia più grave all’innovazione. E la pressione al compromesso giunge da coloro che userebbero il proprio potere sull’architettura per proteggere un’eredità monopolistica. Il pericolo si presenta quando il controllo della piattaforma può tradursi in capacità di difesa dall’innovazione».1

In questi termini, la neutralità tecnologica diventa un prerequisito per poter garantire da un lato un vero pluralismo per coloro che sviluppano tecnologia (lato attivo) e dall’altro una vera libertà di scelta per coloro che sono semplici fruitori di tecnologie (lato passivo). E ciò ci riporta a quanto poco fa rilevato in materia di interoperabilità.2

5. Tecnologie ed effetti di rete

Come avremo modo di mostrare diffusamente nei prossimi capitoli, il mondo dello sviluppo di tecnologie è per sua caratteristica particolarmente soggetto a quelli che in gergo vengono chiamati "effetti di rete" (in Inglese "network externalities").

Gli economisti definiscono "economie di rete" quelle forme di interdipendenza tecnologica, economica, giuridica e psicologica per le quali «l’utilità che un consumatore trae dal consumo di un bene dipende (in modo

  1. Lessig L., il futuro delle idee, Feltrinelli, Milano, 2006 (pp. 228-229).
  2. A conferma di ciò si legga ancora Van Der Haar (pp. 12-13): «When consumers no longer have a choice however, the regulator could go as far as opening up possibilities to be able to choose again, for example by imposing interoperability standards on companies, or the un-tying of their products.»