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In pochi minuti, scendendo per un vicolo erboso e triste, arrivammo alla porta del monastero; che è un grande edifizio nudo, posto sulla china del colle di San Maurizio, con la facciata vòlta verso le Alpi, circondato da un muro altissimo, intorno al quale gira una stradicciuola solitaria. Non ci è più che poche monache; ma sempre un buon numero di educande soggette a un tenor di vita severo; tra le quali, in altri tempi, ci furon ragazze delle prime famiglie del Piemonte, e principesse, che anche presero il velo, e morirono tra quelle mura; poichè il monastero godeva della predilezione della casa regnante. La marchesa di Spigno, lasciata libera di scegliere tra quello e un convento di Carignano, aveva scelto quello, perchè ci aveva due parenti. Le poche case che son là intorno, pare che faccian parte anch’esse del chiostro: non ci si vede e non ci si sente nessuno. Accanto al chiostro c’è una chiesetta chiusa. La marchesa doveva essere passata per quello stesso vicolo silenzioso e malinconico. Sonammo a una porticina, che ci fu aperta da una mano invisibile, salimmo su per una piccola scala tetra, e passando per un’altra porta bassa e stretta, ci trovammo in una stanza bianca, davanti a una larghissima grata doppia, di legno grigio, simile a una inferriata di carcere, di là dalla quale si vedeva un’altra stanza, pure bianca, e semioscura. Qua e là, sulle pareti, ci son scritte a