Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/419

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dal bastione malicy 405

di fuoco e di pianto, alla quale io debbo la mia soddisfazione di quel momento: la soddisfazione d’un italiano libero, che contempla i confini della sua patria libera, sul finire d’una giornata operosa, nella quale scrivendo, ricevendo saluti d’amici lontani, e scorrendo giornali e libri d’ogni provincia, è vissuto un poco in tutte col pensiero e col cuore, e ha come sentito sulla fronte il grande alito caldo della Madre comune.



Intanto, s’è fatto notte; le finestre delle officine e delle caserme, giù nel piano, son tutte accese, e qua e là, per i campi e sulle colline, brillano pochi lumi, come occhi infiammati, che battan le palpebre, sul punto di chiudersi al sonno. Allora, in quella oscurità fitta, in cui le falde dei monti scompaiono, par che tutta la campagna vastissima salga, e sia già falda delle Alpi; e le Alpi nere appaiono immense sul cielo grigio, come le onde d’un mare prodigioso che sì sia levato per sommergere il mondo, e rimanga immobile lassù, minacciando. Quelli sono i momenti in cui mi sento più incatenato ad ammirarle, poichè non c’è più nulla sulla terra che distolga da loro gli occhi o il pensiero. E le guardo, le adoro, le chiamo madri di soldati di ferro e sorgenti eterne di poesia e di salute, terribili, bellissime e buone, nostra alterezza, nostro amore, e nostra forza. E starei chi sa quanto a parlar con loro, se a un certo