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nura che registra i passi che si fanno. Sono veri figurini lindi e profumati, che vi schiacciano con uno sguardo se non siete vestiti come essi, elegantemente, ma che si accontentano di assistere a tutti i Congressi alpini, fare ascensioni unitamente alle loro picche ben brunite e... vergini ed ai loro bastoni ferrati sull’imperiale degli omnibus e qualche volta anche, ma con sacrifizio, sulle selle dei muli. Le salite che essi vantano di più sono l’Hôtel du Mont Rose a Valtouruanche, l’Hôtel du Mont Cervin al Giomein e l’Hôtel du Mont Blanc in Aosta... Questi alpinisti si dividono in due categorie, i meglio vestiti sono alla moda e tengono più al loro costume che al più bel panorama di monte, gli altri più dimessi ma egualmente coraggiosi, sono comodi. Ma non guardiamo ad essi. Due stupendi tipi uno di alpinista per amore e l’altro di alpinista per forza, li abbiamo in Ferdinando Fontana e in Giuseppe Giacosa. Fontana trascinato dalla poesia armonica ed ammaliatrice di Giacosa, si indusse a fare nel 1880, secolui un viaggio alpino. Leggiamo le loro lettere stampate su un giornale di Torino. Fontana arriva a Greponey S. Iean dopo una passeggiata di 57 chilometri e si dà giù per morto e bestemmia contro l’alpinismo. «Io mi sono accorto, egli scrive «che la montagna è un’altra di quelle blagues crudelissimamente colossali» si confessa «dinoccolato e rotto e pesto» e trova la montagna è bella, bella sì, ma per chi sta fermo e soggiunse: «Felicità il tuo nome è proprio «Star fermi» e continua a questo passo per varie lettere nelle quali lamenta i disagi del corpo e non trova la montagna abbastanza bella per farglieli dimenticare. Però confessa di aver goduto la vista di uno di quei paesaggi così grandiosamente poetici che bisognerebbe essere cretini per non uscire in grido d’ammirazione entusiastica» e che egli «non lo dimenticherà mai più» e lo descrive stupendamente. Ma alla sera è di nuovo seccato.» E tutta la poesia di Giacosa che ad ogni istante gli dice; «Ma guarda!... guarda!... guarda!... Vedi com’è stupendo quassù!... Osserva che vista imponente! Che grandiosità! Che vastità! Che immensità! Convertiti all’amore della montagna!... Possibile che il tuo spirito non si sublimi a questa vista?... resta soffocata da un suo: Mi secco! Scrissero ognuno dei due parecchie lettere ma non si intesero mai. Fontana restò alpinista per forza, mentre Giacosa si mantenne alpinista per amore.
Abbiamo anche gli alpinisti scienziati che viaggiano per le regioni montane ed alpine unicamente per studiare la flora, la fauna, la mineralogia o i fenomeni dell’atmosfera.
Vi sono poi gli alpinisti pittori i quali si deliziano ad acquarellare picchi, burroni e mari di ghiaccio. Degno di speciale menzione è il Balduino di Torino, poi viene il Tosca di Castellazzo e altri del pari valenti.
E di alpinisti fotografi quanti ve ne sono ora che la fotografia si rese cosa assai facile e comoda mercè il nuovo sistema di placche alla gelatina di bromuro!
Vittorio Besso di Biella fu lui a fare scuola. Egli cominciò sui primordi del Club Alpino Italiano ad aggirarsi fra le valli alpine per cercare punti di vista che egli fotografò sempre con grande abilità. Riuscì così a possedere a poco a poco un vero tesoro di fotografie tirato su a grande stento e con gravi sacrifizi in un periodo di quasi venti anni. Le valli del biellese, le Valli di Val d’Aosta, di Val Sesia, di Valle d’Ossola, di Macugnaga, le Alpi Apuane egli le ha illustrate larghissimamente. E, quando era duopo trasportare seco la tenda, le casse delle lastre e dei liquidi, egli trovò modo di portarsi sulla vetta di alte montagne per trarne panorami circolari stupendi nei quali un geologo riesce a discernere la natura delle roccie.
Un altro bravo fotografo alpino è Vittorio Sella nipote di Quintino. Egli ha riprodotto i punti più pittoreschi delle altissime vette e ne ha ricavati panorami assai lodevoli e molto ricercati in ispecie dagli inglesi.