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la lontananza 255


— Ritorna presto, lei? — domandò.

— Eh, non so, rispose Sebastiano. — Anche dopo finito tutto, io resto qui perchè comincieremo a costrurre il muro intorno al salto.

— Ne faremo una tanca?

— Sì, una tanca.

Prima di rientrare Sebastiano fermossi davanti alla casa bizzarra. Il giovinotto che faceva i servigi al signor Francesco, servendo nello stesso tempo da cuoco, da domestico e da dispensiere, gli passò accanto dicendogli con rispetto:

— Buona sera. È arrivata la sua roba.

— Vengo subito, Marco.

Invece restò un poco a sognare, fermo sulla spianata che circondava la casa. Era quasi notte, ma la falce d’oro della luna nuova cadente al di là dei boschi umidi, illuminava, fondendo la sua luce con la luminosità dell’ ultimo crepuscolo, i mosaici della facciata.

Sebastiano completò la sua visione; vide la chiesa di San Giacomo trasformarsi in una vera casa, e pensò con tenerezza a sua madre che forse, dopo che tutti i suoi figli avrebbero