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le anime oneste 285


Mai Anna aveva veduto Cesario arrossire. Ne provò una forte commozione, e il suo cuore le rivelò molte cose. Il rossore di Cesario le diceva:

— Sì, ebbene? So che hai pietà di me, ma cosa me ne importa? Doveva finir così, ma la colpa non è mia. Sì, lo so; ho sprecato quasi un patrimonio, ho logorato i miei anni più forti senza lavorare, o meglio, sì, lavorando, distruggendomi anzi a forza di pensare; e poi ho finito.... qui, umilmente, in un posticino il cui guadagno mi basta appena per vivere.... È troppo anzi, sai, cugina? sai quanti e quanti si direbbero felici al mio posto! Quanti avvocati che studiando hanno mangiato le loro terre, che hanno rovinato le piccole fortune delle loro famiglie, e che ora non hanno un cliente.... quanti medici senza condotta, quanti ingegneri senza impiego.... quanti farmacisti che sbadigliano nel centro di villaggi i cui abitanti non credono alle medicine, quanti notai che viaggiano interi giorni, col rischio di rompersi l’osso del collo, per guadagnarsi venti lire! Quanti, cugina, quanti, se tu sapessi!