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175 ANNALI D'ITALIA, ANNO XLIX. 176

Nell'intrare in Roma si vollero affacciare alla carrozza Britannico ed Ottavia; ordinò Narciso alle guardie che li tenessero lontani; ma per la venerazione e per gli privilegi che godeano le Vestali, non potè impedir Vibidia dall’accostarsi, e dal far grande istanza, che contra di Messalina non si procedesse a condanna senza prima ascoltarla. Così promise Claudio. Accortamente Narciso condusse a dirittura l’imperadore alla casa di Silio, e fecegli osservar le preziose masserizie della corte portate colà: vista che svegliò pur del fuoco in quel freddo petto. Indi così caldo il menò al quartiere de’ pretoriani, istruiti prima di quel che aveano a dire. Poche parole potè proferir Claudio, confuso tra il timore e la vergogna; ed alzossi allora un grido dei soldati che dimandavano il nome e il gastigo dei rei. Silio fu il primo che sofferì con coraggio la morte, poi Vettio Valente, Pompeo Urbico, ed altri nobili, tutti macchiati nelle impudicizie di Messalina. Mnestore il commediante, con ricordare a Claudio d’aver ubbidito ai di lui comandamenti, intenerì sì fattamente il buon Claudio, che fu vicino a perdonargli; ma i liberti gli fecero mutar sentimento. Solamente Suilio Cesonino e Plautio Laterano la scapparono netta, l’ultimo per gli meriti di Aulo Plautio suo zio. Intanto Messalina, ritiratasi negli orti di Lucullo, fra la speranza e l’ira, si pensava pure di poter superare la burrasca; e non ne fu lontana. Claudio arrivato al palazzo con gran quiete si mise a tavola, ed allorchè si sentì ben riscaldato dal vino, diede ordine che s’avvisasse Messalina di venire nel seguente dì, che l’avrebbe ascoltata. Si credette allora perduto Narciso; però fatto coraggio, e levatosi da tavola, come per dar l’ordine suddetto, da disperato ne diede un tutto diverso al centurione e al tribuno di guardia, dicendo loro, che immediatamente si portassero ad uccidere Messalina, perchè tale era la volontà dell’imperadore. La trovarono eglino stesa [p. 176]in terra, ed assistita da Lepida sua madre, che l’andava esortando a prevenir colle sue mani gli esecutori della giustizia. All’arrivo di essi si diede ella in fatti alcuni colpi, ma con mano tremante; più sicura fu quella del tribuno, che la finì. Portata incontanente la nuova a Claudio, che Messalina era morta, lo stupido senza informarsi, se per mano propria o d’altrui, dimandò da bere, e con tranquillità compiè il convito. Ne’ seguenti giorni non si mirò in lui nè ira, nè odio, nè allegrezza, nè tristezza, ancorchè osservasse l’ilarità di Narciso e degli altri accusatori, e il volto afflitto de’ figliuoli. A farlo maggiormente dimenticar di Messalina, servì l’attenzione del senato; perchè per ordine suo furono levate le di lei immagini tanto dai pubblici che dai privati luoghi. Narciso, in ricompensa delle sue fatiche, da esso senato fu promosso all’ordine de’ questori.


Anno di Cristo XLIX. Indizione VII.
Pietro Apostolo papa 21
Tiberio Claudio figlio di Druso, imperadore 9.


Consoli


Aulo Pompeo Longino e Gallo Quinto Veranio.


S’è dubitato, se il primo de’ consoli portasse il cognome di Longino o Longiniano. In un frammento di marmo1, esistente oggidì nel museo del Campidoglio, si legge Q. VERANIO, A. POMPEIO GALLO COS. E però non Cajo, come s’è creduto finquì, ma sarà stato Aulo il di lui prenome. A questi consoli ordinari circa le calende di maggio fondatamente si credono succeduti Lucio Memmio Pollione e Quinto Allio Massimo. Rimasto vedovo Claudio Augusto, si credette che non passerebbe ad altre nozze2; e tanto più perchè egli protestò ai soldati del pretorio di non voler più moglie,

  1. Thesaurus Novus Inscription. p. 304.
  2. Sueton. in Claudio, cap. 26.