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Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/507

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ne tornarono alle loro case con quiete. E perchè cinquecento d’essi vennero dipoi a bottinar nelle terre romane, il re loro, per mantenere i patti, li fece tutti mettere a fil di spada. Mentre si trovava Aureliano impegnato contra d’essi Vandali, ecco giugnergli nuova che una nuova armata di Giutunghi era in moto verso l’Italia. Mandò egli innanzi la maggior parte dell’esercito suo, e poscia col resto frettolosamente anch’egli marciò per impedire la lor calata; ma non fu a tempo. Costoro più presti di lui penetrarono in Italia, e recarono infiniti mali al distretto di Milano. Vopisco2512 li chiama Svevi, Sarmati, Marcomanni, e si può temere che sieno confuse le azioni, e replicate le già dette di sopra. Comunque sia, per le cose che succederono, convien dire che non fossero lievi le forze e il numero di costoro. E si sa che, avendo voluto Aureliano con tutto il suo sforzo assalire que’ Barbari verso Piacenza, costoro si appiattarono nei boschi, e poi verso la sera si scagliarono addosso ai Romani con tal furia, che li misero in rotta e ne fecero sì copiosa strage, che si temè perduto l’imperio. In oltre si sa che questi loro pregressi tal terrore e costernazione svegliarono in Roma, che ne seguirono varie sedizioni, le quali, aggiunte agli altri guai, diedero molta apprensione e sdegno ad Aureliano. Scrisse egli allora al senato, riprendendolo perchè tanti riguardi, timori e dubbii avesse a consultar i libri sibillini in occasione di tanta calamità e bisogno, quasi che (son parole della sua lettera) essi fossero in una chiesa di cristiani, e non già nel tempio di tutti gli dii. Il decreto di visitare i libri d’esse Sibille fu steso nel dì 11 di gennaio, cioè, secondo il padre Pagi2513, nel gennaio dell’anno presente. Ma non può mai stare che Aureliano, come pensa il medesimo Pagi, fosse creato imperadore in Sirmio sul principio di novembre dell’anno prossimo passato, e che egli venisse a Roma, tornasse in Pannonia, riportasse vittorie in più luoghi al Danubio, e dopo aver seguitato gli Alamanni, o vogliam dire i Marcomanni e Giutunghi, mandasse gli ordini suddetti a Roma: il tutto in due soli mesi. Chi sa come gl’imperadori non marciavano per le poste, ma con gran corte, guardie e milizie, conosce tosto che di più mesi abbisognarono tante imprese. Però convien dire che Aureliano, siccome immaginò il Tillemont2514, fu creato imperadore nello aprile dell’anno precedente, in cui fece più guerre; o pure che la calata in Italia dei Barbari appartiene all’anno presente, per la qual poi nel dì 11 di gennaio dell’anno susseguente vennero consultati in Roma i libri creduti delle Sibille, nei quali si trovò che conveniva far molti sacrifizii crudeli, processioni ed altre cerimonie praticate dalla superstizion de’ pagani. A noi basterà, giacchè non possiamo accertare i tempi di questi sì strepitosi avvenimenti, che si rapporti il poco che sappiamo della continuazione e del fine di tal guerra, tutto di seguito. Abbiamo da Aurelio Vittore2515 (perchè Vopisco qui ci abbandona) che Aureliano in tre battaglie fu vincitore dei Barbari. L’una fu a Piacenza, che dee essere diversa dalla raccontata da Vopisco: altrimenti l’un d’essi ha fallato. La seconda fu data in vicinanza di Fano e del fiume Metauro, segno che la giornata di Piacenza era stata favorevole ai Barbari, per essersi eglino inoltrati cotanto verso Roma. La terza nelle campagne di Pavia, che dovette sterminar affatto questi Barbari turbatori della pace d’Italia: con che ebbe felice fine questa guerra. Allora Aureliano mosse alla volta di Roma i suoi passi, non per portarvi l’allegrezza d’un trionfo, ma per farvi sentire la