Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/509

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la voce soave e chiara, ma virile. Al bisogno uguagliava i tiranni nella severità: superava nel resto la clemenza de’ migliori principi. Contro il costume delle donne sapeva conservare i tesori, ma non lasciava di far risplendere la sua liberalità, ove lo richiedesse il dovere. Nel portamento e ne’ costumi non cedeva agli uomini, rade volte uscendo in carrozza, spesso a cavallo, e più spesso facendo le tre o quattro miglia a piedi, siccome persona allevata sempre nelle caccie. Da Odenato suo marito, che già dicemmo ucciso, non riceveva le leggi, ma a lui le dava. Prese bensì da lui il titolo di Augusta, dacchè egli fu dichiarato Augusto, e portava l’abito imperiale, a cui aggiunse anche il diadema. Non sì tosto s’accorgeva essa d’esser gravida, che non volea più commercio col marito. Il suo vivere era alla persiana, cioè con singolar magnificenza, e volea essere inchinata secondo lo stile praticato coi re persiani. A parlare al popolo iva armata di corazza; pranzava sempre coi primi uffiziali della sua armata, usando piatti d’oro e gemmati. Poche fanciulle, molti eunuchi teneva al suo servigio; e l’impareggiabil sua castità, tanto da maritata che da vedova, veniva decantata dappertutto. Aureliano stesso in una lettera al senato2531 ne parla con elogio, dicendo ch’essa non parea donna: tanta era la di lei prudenza ne’ consigli, la fermezza nell’eseguir le prese risoluzioni, e la gravità con cui parlava ai soldati, di modo che non meno i popoli dell’Oriente e dell’Egitto, a lei divenuti sudditi, che gli Arabi, i Saraceni e gli Armeni non osavano di disubbidirla, o di voltarsi contro di lei: tanta era la paura che ne aveano. A lei anche in buona parte si attribuivano le gloriose azioni del fu Odenato suo marito contro ai Persiani. Nè già le mancava il pregio delle lingue e della letteratura. Oltre al suo nativo linguaggio fenicio o saracenico, perfettamente possedeva l’egiziano, il greco e il latino, ma non s’arrischiava a parlare questo ultimo. Ebbe per maestro nel greco il celebre Longino filosofo, di cui resta un bel trattato del Sublime, e la cui morte vedremo fra poco. Fece imparare a’ suoi figliuoli il latino sì fattamente, che poche volte e con difficoltà parlavano il greco. Sì pratica fu della storia dell’Oriente e dell’Egitto, che si crede che ne formasse un compendio. Al suo marito Odenato ella avea partorito tre figliuoli, cioè Herenniano, Timolao e Vaballato, a’ quali dopo la morte del padre ella fece prendere la porpora imperiale e il titolo d’Augusti; ma perchè erano di età non per anche capace di governo, essa in nome loro governava gli Stati. Un altro figliuolo ebbe Odenato da una sua prima moglie, chiamato Erode o pure Erodiano2532, che si trova nelle medaglie (non so se tutte legittime) col titolo di Augusto, a lui dato dal padre, come anche afferma Trebellio Pollione2533. Per cagione dell’esaltazion di questo suo figliastro, fama era che Zenobia avesse fatto morire lui e il marito Odenato, siccome accennai di sopra. Una tal testa, benchè di donna, signoreggiante dallo stretto di Costantinopoli fino a tutto l’Egitto, ed assistita da molti dei suoi vicini, potea dar suggezione ad ogni altro potentato, ma non già ad Aureliano imperadore, che pel suo coraggio e saggio contegno, teneva sempre le vittorie in pugno. S’inviò dunque Aureliano da Roma con possente esercito verso l’Oriente per la strada solita di que’ tempi, cioè per terra alla volta di Bisanzio, pel cui stretto si passava in Asia. Ma prima di giugnervi, egli nettò2534 l’Illirico, e poi la Tracia da tutti i nemici del romano imperio, ch’erano tornati ad infestar