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101 ANNALI D'ITALIA, ANNO XXXIV. 102

Seneca1. Però la credenza dei consoli sostituiti, e fors’anche il fatto narrato da Dione può patire dei dubbi. Non mancarono all’anno presente le sue funeste scene, cioè molte condanne e morti d’uomini illustri, avvenute per la crudeltà di Tiberio e per la prepotenza di Macrone prefetto del pretorio; il quale imitando le arti di Sejano ma più copertamente, si abusava anch’egli della sua autorità e del favore del principe2. Pomponio Labeone, dopo essere stato pretore di Mesia per otto anni, accusato d’essersi lasciato corrompere con danari, tagliatosi le vene, si sbrigò da questa vita: ed altrettanto fece sua moglie. Era anche stato in governo Marco, ossia Mamerco Emilio Scauro, nè già era incolpato di cattiva ammistrazione, quantunque vergognosi fossero i suoi costumi, Macrone, che l’odiava, trovò la maniera di precipitarlo, con presentare a Tiberio una di lui tragedia intitolata Atreo, in cui oltre al parlarsi di parricidio, uno era esortato a tollerar la pazzia del regnante; e con fargli credere che sotto nome altrui si sparlasse di lui. Di più non ci volle per far processare Scauro, il quale, senz’aspettar la condanna, si privò da sè stesso di vita, nè da meno di lui volle essere la moglie sua. Costumavasi allora dagli etnici romani di darsi iniquamente la morte da sè medesimi, perchè i corpi de’ condannati non era lecito il seppellirli, e i lor beni andavano al fisco; laddove prevenendo la sentenza, loro non si negava la sepoltura: e sussistendo i testamenti, agli eredi pervenivano i loro beni. Fra coloro eziandio che furono accusati si contò Lentulo Getulico, stato già console nell’anno di Cristo 26. Altro a lui non veniva imputato, se non che avesse trattato di dare una sua figliuola in moglie a Sejano. Ma fu buon per questo personaggio ch’egli allora si trovasse in Germania al comando di [p. 102]quelle legioni che l’amavano forte per le sue dolci maniere. Dicono ch’egli scrivesse animosamente una lettera a Tiberio, con ricordargli che non per elezione propria, ma per consiglio di lui stesso, avea cercato di far parentela con Sejano. Essersi ben egli ingannato nel procacciarsi l’amicizia di quell’uomo indegno; ma che niuno più d’esso Tiberio avea amato Sejano: nè essere perciò conforme alla ragione che il comun fallo fosse innocente per lui, e peccaminoso per gli altri. Pertanto riflettendo al pericolo di nuocere a chi aveva l’armi in mano, e poter rivoltarsi, giudicò meglio il desistere dall’impresa; e per lo contrario fece condannar e cacciare in esilio Abudio Rufo, cioè l’accusatore di Lentulo Getulico. Videsi in questo anno in Grecia un giovane3, che spacciatosi per Druso figliuolo di Germanico, trovò di molti aderenti in quelle contrade; e se gli riusciva di passare in Soria, a lui si sarebbe verisimilmente unito quell’esercito. Ma preso da Pompeo Sabino governator della Macedonia, fu inviato a Tiberio. Tacito scrive4 ciò avvenuto tre anni prima, quando era tuttavia vivente lo stesso Druso in prigione: il che, se fosse vero, potrebbe questo avvenimento aver dato impulso alla morte del medesimo Druso. Da esso Tacito fu ancora scritto che nel presente anno si lasciò veder di nuovo dopo alcuni secoli l’augello Fenice nell’Egitto, con rapportarne la mirabil genealogia. A simili favole oggidì non si presta fede. Plinio e Dione mettono due anni dappoi lo scoprimento di questo non mai più risorto uccello.


  1. Seneca, lib. 2 et 4 de Benefic.
  2. Dio, lib. 58. Tacit., lib. 4, cap. 19.
  3. Dio., lib. 58.
  4. Tacit., lib. 5, c. 10.