Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/230

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e di Augia, col guardiano dei Minoriti, con Andrea Quirini e Giovanni Foscarini, cittadini veneti, e con molti altri del clero e del popolo di Trento, comparve Jacopo di Rottenburg, e, siccome non sapeva l’idioma italiano, per bocca di Odorico di Corredo, suo interprete, protestò ch’egli già da molt’anni aveva comperato dai nobili di Segonzano, vassalli della Chiesa, il castello di Segonzano coi diritti ad esso spettanti; fra i quali si annoverava quello di servire il vescovo e la sua corte sedenti a tavola, in qualità di coppiere, e di ricevere in dono per tale servigio il vaso d’argento che esso vescovo usa la prima volta nel pranzo, allorquando prende il possesso della sede vescovile; e però offeriva il suo servigio, con istanza di essere ammesso a cotesto ufficio, come vassallo. Il vescovo Bartolomeo dichiarò, che nulla sapeva di tali cose, essendo ancora inesperto delle vescovili prerogative; non volere però in conto alcuno pregiudicargli, se la giustizia lo richiedesse. Su di che furono poscia fatte molte parole da una parte e dall’altra; finchè convennero, che il suddetto Jacopo prestasse il ricercato servigio, senza però che ne derivasse pregiudizio al Vescovato e a qualche persona; in guisa che, nè per tale servigio, nè per aver ricevuto il vaso d’argento, che in tale funzione adoperò per la prima volta il prelato, non sia per acquistare alcun possesso del castello od altri diritti, se non che quelli che avanti quest’atto gli competevano; e che fosse obbligato di comprovare ogni cosa legalmente1.

  1. Miscellanea Alberti, T. VI, fol. 179.