Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/328

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cosa, passato il detto termine, e di corrispondere intanto al vescovo che si elegesse ο alla Camera vescovile tutte le rendite che si ricavassero dalla città e dal territorio, detratte le spese e i soliti stipendii; quando, entro questo tempo, non riuscisse di fare un’equa permuta di certi luoghi più esposti, utile egualmente alla Chiesa e al Tirolo. Accettato il partito, il duca ne rese consapevoli i Padri del Concilio di Basilea, esponendo ad essi la nomina a vescovo da lui fatta, col consenso del Capitolo Tridentino, di soggetto ben degno (attese le riferite rinuncie) che dava a sperare lunga pace e prosperità alla Chiesa nostra, e supplicandoli di spedire le bolle di conferma al candidato. Questi era Giorgio Hack di Themeswald, nella Slesia, fratello del maresciallo del duca Sigismondo.

Giorgio, senza aspettare la risposta del Concilio, annuente il duca, pose sua sede nel Castello del Buon Consiglio, d’onde esercitava la giurisdizione principesca; cosa contraria ai sacri canoni, ma non tanto strana in quei barbari tempi. Di ciò fa fede incontrastabile l’atto dei 10 settembre 1446, col quale Giorgio (che si chiama vescovo di Trento, ove non era che nominato dal duca Sigismondo) confermò alla Comunità di Tenno i suoi privilegi, e l’ammise al giuramento di fedeltà, antecedentemente già prestato al duca1. Tanto fu permesso a Giorgio dopo avere rinnovate al duca Sigismondo le convenzioni estorte ai vescovi di Trento dai Conti del Tirolo, e specialmente dal duca Federico

  1. Miscellanea Alberti, T. III, fol. 177.