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capitolo xxxvii. 107

gran possanza, non dispregiare chi poco può, perchè nuoce; e giovare ti può spesse volte. Un Savio dice: Se l’uomo dee temere alcuna cosa, tema la morte; e più dee temere Iddio; e imperò là dove l’uomo va, la morte gli tiene dietro: e perdona spesse volte ad altrui, a te non mai. Quand’hai deliberato nell’animo tuo, fa tosto, e dì sempre meno che tu non hai a fare. Alla grande volontà la fretta è tardamento. Del male d’altrui non ti allegrare, perchè il male non viene senza grande abbondanza di male, e avviene a chi non ne crede avere. A nessuna persona non comandare cosa ch’egli non possa sostenere. Dà quello ad altrui che tu disideri che sia dato a te. A quegli con chi tu stai sii sollazzevole. Non si conviene di lodare, nè di biasimare alcuno uomo in sua presenza. Nè malizia, nè povertà non tenere ascosa. Non avere speranza in amore altrui, perchè la tua speranza è dubbiosa. Da colui non domandare ajuto indarno, dal quale l’uomo è degno di ricevere pena. Aspetta di ricevere da altrui quello che ad altri farai. Quanto meno premerai l’ira, tanto meno sarai premuto dall’ira. La fine dell’ira si è il cominciamento della penitenza. Nessuna voglia non è che per lungamento di tempo non menomi. La ventura abbandona spesse volte, ma la buona speranza non ti abbandona mai, ma dàtti buon conforto infra gli amici. Non si truova alcuno legame che lo priego dello amico non lo disciolga. Gl’ingannatori non fanno se non come quando eglino soffiano nella polvere, che ne’ loro occhi ritor-