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capitolo xxxviii. 113

insieme. Cato dice: Contraria quanto tu vuoi, purchè tu non sii contrario a te stesso. Varo disse: Chi a sè medesimo contraria, molti troverà contrariatori. Plato disse: Segno di mattia è chi lo suo favellare contraria a sè stesso.

Il quinto vizio si è a dire vane parole e odiose e matte. Santo Agostino dice: La vana parola si è giudice della vana coscienza. Seneca dice: La tua parola non sia vana, ma sia sempre di consigliare, d’ammaestrare e di gastigare.

Il sesto vizio si è essere di due lingue, cioè una parola dire innanzi ad altrui, e poi di dietro tutto il contrario. Socrate dice: Nessuno animale ha due lingue, se non l’uomo e la femmina. Terenzio dice: La malizia di colui ch’è di due lingue non si puote celare lungo tempo.

Il settimo vizio si è a essere commettitore di male. Sirac dice: Sérrati gli orecchi colle spine, se tu non puoi avere altro, e non udire gli rapportatori del male. Il Savio dice: Gli rapportatori del male saranno confusi da per loro. Sallustio dice: Tutti i mali discendono per li rapportatori delle male parole.

L’ottavo vizio si è a giurare senza grande cagione. Isidoro dice: Colui che userà oscure e doppie parole, non potrà ingannare Iddio che sa il tutto. Salomone dice: L’uomo che molto giura, s’empierà d’iniquità.

Il nono vizio si è a minacciare altrui. Valerio dice: Sempre colui che minaccia si fa tenere più matto che non è. Orazio dice: Altro è a dire