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capitolo xxxviii. 115

chè tu non possi essere ripreso da altrui d’una simile cosa. Ancora dice: Sozza cosa è all’ammaestratore, quando una simile cosa riprende lui. E non fare schernie d’altrui, imperocchè nessuno non è senza vizio. Seneca dice: Non fare schernie del tuo amico eziandio giucando, perchè l’amico s’adira piuttosto delle schernie, che un altro. Santo Leuterio dice: Gli schernitori son fatti come la scimia, che fa schernie d’altri, e altri fa schernie di lei.

Il quintodecimo vizio si è a favellare troppo scuro, come fanno gli motteggiatori. Salomone dice: Meglio è di stare muto, che dire le cose che non sieno intese. Sirac dice: Chi oscuramente favella, si vuole mostrare più savio ch’egli non è; e imperò dee guardare l’uomo le cagioni che ’l muove a favellare, e guardando sempre luogo e tempo. Plato dice: Quello ch’è detto senza cagione poco vale, ed è riputato pazzia.

Il sestodecimo vizio si è a non sapere disporre per ordine quello che l’uomo vuol dire o dee dire. E imperò si dee l’uomo ordinare in prima e disponere bene la sua persona, cioè che la sua faccia sia sempre diritta e gli suoi labbri niente si storcano; il guardo degli occhi non tenga sempre fermo contro a quegli con chi egli favella; non troppo chinato in terra, ma qualche temperamento di bella maniera, come si conviene alle parole ch’egli dice; non muova testa, nè spalle, nè mani, nè piedi, nè alcuna altra parte della persona, e guardi da sputare o forbirsi il naso quando fa-