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capitolo i. 13

che domandi pace, vuo’ tu ch’io la t’insegni avere? ferma il tuo cuore nell’amore di Dio, e non nel vitupèro di questo mondo; perchè può bene vedere ciascuno che nessuno non può essere onorato, che un altro non sia vituperato; nè l’uno può essere grande, che un altro non sia picciolo; nè l’uno ricco, che l’altro non sia povero: sicchè il mondo è fatto a modo d’un desco grande con una corta tovaglia, che l’uno la tira dal suo lato, e l’altro discuopre lo lato del suo compagno. Chi mette il suo amore in questo mondo, molte fiate s’attrista, perciocchè è tutto vanitade; e chi Iddio ama, sempre sta allegro.

Lo secondo amore, che si chiama parentado, nasce da uno naturale movimento d’animo che induce le persone ad amare gli suoi parenti, siccome n’ammaestra la natura. Disse un profeta: Non ti fidare in colui che non’ama gli suoi parenti, perocchè chi non ama le sue cose, e come amerà egli altrui? Salomone dice: Tutte l’acque escono dal mare, e tutte ritornano al mare: le persone sono fatte di terra, e in terra ritorneranno; e conoscendo le tribolazioni e le miserie del mondo, io lodo più gli morti che gli vivi, e più beato chi non è nato, che non ha veduto il male che si fa sotto al sole. Due cose si trovano sempre l’una contraria all’altra, che il male è sempre contrario al bene, la morte è contraria alla vita. Le ricchezze e le virtù allegrano il cuore dell’uomo, ma sopra tutto è l’amore d’Iddio.

Lo terzo amore, il quale si dice amistade, ov-