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Scolla. s. f. Abbigliamento gentile, che usano le donne per coprire le spalle e il collo lasciato nudo dalle vesti: scollino, golettone (Tumminello). || Per cuvarta.
Scollatu. add. Di veste che lasci il collo scoperto: scollato. || Di persona che ha la veste scollata: scollacciato, scollato.
Scollu. V. scoddu.
Scolopéndriu. s. m. T. zool. Insetto lungo, piatto: scolopendra. || Pianta medicinale, spezie di felce: scolopendra.
Scolòpiu. s. m. Sacerdote regolare delle scuole pie: scolopio.
Scòmitu. V. scommudu.
Scomudamenti. avv. Con iscomodità: scomodamente.
Scommudari. v. a. Incomodare: scommodare, scomodare. || rifl. a. Scomodarsi. P. pass. scommudatu: scomodato.
Scommuditati. s. f. Scomodo, incomodità: scomodità, scomoditade, scomoditate.
Scòmmudu. s. m. Incomodo: scomodo.
Scommudu. add. Contrario di comodo: scòmodo, scòmmodo. || avv. Scomodamente. Sup. scommudissimu: scomodissimo.
Scommuduliddu. dim. Alquanto scomodo, alquanto disagiato: disagiatino.
Scòmmuru. V. scommudu.
Scompiacenti. V. scumpiacenti.
Scompigliu. V. scumpigghiu.
Scompòniri. V. scumponiri e seg.
Scomputari. V. scuttari.
Scòmputu. V. scuttitu.
Sconcassari. V. scunquassari.
Sconcatinari. V. scuncatinari.
Sconcertu. V. scuncertu.
Sconcettizzari. v. a. Toglier il concetto che si avea di chicchessia. P. pass. sconcettizzatu.
Sconchiudiri. V. scunchiudiri.
Sconciamenti. avv. Con isconcezza: sconciamente.
Scòncita. V. scommudu.
Sconciu. s. m. Danno, disordinamento, scomodo: sconcio.
Sconciu. add. Contrario di acconcio, sconvenevole: sconcio. || Malfatto, deforme: sconcio. || avv. Sconciamente. Sup. sconcissimu: sconcissimo.
Sconciuliddu. dim. di sconciu.
Sconcizza. s. f. Disordinamento, contrario di acconcezza: sconcezza.
Sconcordari. V. scuncurdari e seg.
Sconnessu. V. scunnessu e derivati.
Sconsajocu. V. guastajocu.
Scontrafari. V. scuntrafari.
Scontru. s. m. Incontro: scontro. || Combattimento di due persone, due schiere ecc. che si affrontano: scontro.
Sconvòlgiri. v. a. Travolgere: sconvolgere.
Sconzu. s. m. Danno: sconcio. || Disagio.
Sconzu. add. Malfatto, deforme: sconcio.
Scoppiari. V. scuppiari.
Scoppiu. s. m. Fracasso che nasce dallo scoppiare: scoppio.
Scoppu. s. m. Lo scattare che fanno le cose ritenute o compresse: scatto. || Serratura la cui stanghetta a mezza mandata è smussa, in guisa che l’uscio spingendolo si chiude da sè, e non si chiude a chiave: serratura a sdrucciolo o a colpo. E a scoppu, diconsi pure tali serrature: a colpo. || Il movimento che fa la stanghetta della toppa spinta dalla chiave: mandata, onde si dice a una o due mandate. || Caduta, stramazzone, colpo di chi cade: pattone, ciòmbolo, sbacchio, picchio. || Sproposito: scappuccio, scerpellone. E si vuol dire per baja: chi scoppu di ciminu duci. || Ferro da salassare le bestie.
Scòppula. s. f. Colpo dato dietro del capo: scapaccione, scappellotto. || fig. Danno, perdita: scossa, batosta. || Pericolo, malattia sofferta: batosta.
Scòpriri, Scoprìri. V. scupriri.
Scoquenchiaru. s. m. A ragazzo picciolo e presuntuoso: cazzabubbolo. || Uomo di poco conto, o che esercita male un mestiere: sciattino. || Mascalzone, uomo di vile condizione: scalzacane.
Scoraggiri. V. scuraggiri.
Scorbùticu. s. m. Malattia che offende principalmente le parti membranose, producendo ingorgamento ne’ vasi sanguigni di esse, produce macchie livide alla pelle, ed emorragia ne’ vasi più deboli, segnatamente alle gengive: scorbuto.
Scorbuticu. add. Appartenente a scorbuto: scorbutico. || E per ischerzo si dice di cosa, di affare nojoso, grave; o di individuo rustico, rozzo: ruvido. || E anco in senso di bacchettone.
Scòrbutu. V. scorbùticu (s. m.).
Scorcia. s. f. La superficie legnosa, scabra, grossa del tronchi degli alberi: scorza. || Quella meno grossa delle piante: corteccia || La buccia dell’acino di uva: fiòcine (singolare), fiocini (plurale). || Quella fine delle frutta: buccia. || L’involucro delle noci, delle nocciuole, delle uova, de’ pinocchi, come quello delle chiocciole, delle ostriche ecc.: guscio. || Quello delle civaie, come fave, piselli, fagiuoli ecc.: baccelli. || E quello che cuopre il guscio delle noci verdi: mallo. || I resti del grano macerato per trarne l’amido, che dànnosi poi in pasto ai polli. || Per sim., le vesti: scorza. || E la divisa de’ militari, la livrea dei servitori, e simile: scorza. || La crosta del pane: corteccia. || Quella del muro: corteccia. || Quella del formaggio: roccia. || Quella materia che si indurisce attorno un corpo, e li riveste come d’una crosta: corteccia. || L’apparenza, ciò che apparisce e si dimostra al di fuori: corteccia, buccia. || Quella de’ pesci, o de’ serpenti: scaglia. || Quella delle testuggini: guscio. || E anco la pelle: corteccia, buccia. || tintu finu ’nta la scorcia, tristo infino dalla nascita, fin nel ventre della madre: cattivo o tristo in fin del guscio. || aviri ancora la scorcia ’n culu, esser in età molto tenera, tolta la metafora da pulcini: essere col guscio in capo. || nun sapirinni mancu li scorci, esserne al tutto ignorante. E sapirinni li scorci, saper checchessia appena || nun nni vidiri li scorci, di ciò che spetta averne poco: non aver del sacco le corde. || vidirinni li scorci, vale l’istesso. E si dice quando uno non eredita che poco delle ricchezze paterne, rimanergli nulla. ||