Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/190

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164 argonautica.

     Sente, e il custode delle porte, e un grave
     980Confortante sopore i sensi invade
     Pur d’una madre, a cui son morti i figli;
     Nè latrato di cani per le vie
     Della città, nè mormorio di genti
     Più s’udiva echeggiar: silenzio regna
     985Su le nere tenébre. Il dolce sonno
     Però Medea non occupò; chè molte
     Per l’amor di Giason la tengon desta
     Ansie cure, e il timor del prepotente
     Furor de’ tauri, onde perir fra poco
     990Ei dovea con indegno orrido scempio
     Là nel campo di Marte. Il cuor nel petto
     Irrequïeto a lei sussulta e sbalza,
     Come raggio di Sol ch’entro la stanza
     Ripercosso dall’acqua in secchia o in largo
     995Bacin versata e ondoleggiante ancora,
     Salta qua e là con presto guizzo intorno;
     Tale in sen della vergine amorosa
     Dibattevasi il cuor; pietose lagrime
     Le pioveano dagli occhi; un dolor cupo
     1000Entro i visceri n’arde, e le sottili
     Fibre, e fin del cerébro il più riposto
     Nervo, dove più acuto il duol penètra,
     Quando indomiti amori invadon l’alma.
     Ella or de’ tauri i farmachi ammansanti
     1005Dargli risolve, ed or non più; chè seco
     Perir vuole ella stessa; a un tratto poi
     Cangia pensiero, e nè morir vuol essa,