Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/232

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206 argonautica.

     Satisfar di vendetta il cuor bramoso,
     300Essi di tutto il cruccio suo, di tutta
     La sciagura che il preme, piombar grave
     Su le lor teste sentiranno il peso.
Sì disse Eeta, e in quel dì stesso i Colchi
     E varâr navi, e le arredâro, e a correre
     305Presero in mar; nè un tanto stuol diresti
     Esser di genti, ma uno storno immenso
     D’augei che susurrando il mar trasvola.
Ma forte in poppa agli Argonauti il vento
     Soffia per opra della Dea Giunone;
     310Sì che giunga Medea celeremente
     Al suol Pelasgo ad apportar malanno
     Alle case di Pelia; ond’essi al lido
     De’ Paflagoni su la terza aurora
     Legarono la nave appo la foce
     315Dell’Ali fiume; ed ella quivi impose
     Uscir tutti del legno a far benigna
     Con sacrificii Ecate dea; ma quanto
     Fece la vergin poi nel rito sacro,
     Nè alcun l’inchieda, e me non sia che inciti
     320Di cantarlo talento: ho pia temenza
     Di favellarne; ma il delubro e l’ara
     Che in quel lido alla dea poser gli eroi
     Stan de’ posteri ancora esposti al guardo.
Quindi il figlio d’Esone e gli altri anch’essi
     325Rimembraron Fineo che lor prescrisse
     Altro cammino al ritornar da Colco;
     Ma qual si fosse ignoto è a tutti. E a tutti