Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/241

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libro iv. 215

     555E Bacco al proprio suo figliuol Teonte
     Ne fe’ dono, e ad Issipile lasciato
     Fu poi da questo; ella con altri e molti
     Lavorii prezïosi ospital dono
     A Giason lo porgea, peplo che mai
     560Del contemplarlo e con la man toccarlo
     Non ne potreste sazïar la dolce
     Compiacenza; e da quello anche una diva
     Fragranza uscìa, da poi che il Nisio sire
     Suvvi ei stesso corcossi ebro di vino
     565E di nettare, il bel petto palpando
     Della Minoide vergine, da Creta
     Pria con Téseo venuta, e su la spiaggia
     Poi dell’isola Dia da lui lasciata.
Con gli araldi Medea ragionamento
     570Tenea, lor con bel modo insinuando
     Che appena al tempio della diva Absirto
     Giunga al colloquio convenuto, e l’atro
     Bujo diffuso abbia la notte intorno,
     Ne partan essi, a fin che ordir segreta
     575Possa trama con lui di tôrre a’ Greci
     L’aureo gran Vello, indi con lui d’Eeta
     Alle case tornar, d’onde per forza
     A que’ stranieri a via menar l’han data
     Di Frisso i figli. — E poi che lor ciò disse,
     580Tal per l’etra e nell’aure una potenza
     Di lenïenti farmachi profuse,
     Che pur da lungi e dagli eccelsi monti
     Attratto avrebbe anche un’agreste fiera.