Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/103

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rassegna bibliografica 99

ed altri, colla città di Roma. Segue poi il quadro delle condizioni pubbliche sotto Gregorio XIII, di quel brigantaggio ovvero della dominazione de’ banditi; magagna la quale, non limitata allo Stato della Chiesa e nemmeno alla sola Italia, ma eloquente accusa della discordia e debolezza degli Stati italiani, per cui rendevasi impossibile qualunque seria e continua cooperazione ad estirpare i mali comuni, pure nei domini della Chiesa talmente giunse all’apice, che al regno di un pontefice attivo e delle cose ecclesiastiche benemerito quale fu il Boncompagni, nel concetto del popolo ne rimase la sinistra impronta. I limiti dall’autore tracciati all’argomento suo non comportavano già l’entrare nei particolari degli avvenimenti del tempo di Gregorio XIII, intorno ai quali, oltre a’ materiali già anticamente conosciuti, ci fornisce pregevoli notizie il giornale di casa Caetani pubblicato da P. Mazio nel quarto volume del Saggiatore Romano, mentre ce ne diede un quadro assai evidente e colorito Domenico Gnoli nella Storia di Vittoria Accorambona, inserita nei volumi quinto e seguenti della «Nuova Antologia» e ristampata anche a parte. Pure non si sarebbe dovuto omettere un cenno sull’incremento, che il brigantaggio prese per la costituzione da P. Gregorio nel dì 1.° giugno 1580 pubblicata, con cui ordinossi la revisione dei titoli feudali; costituzione dal Theiner riprodotta nel Codice diplomatico del dominio temporale (III, N.° 437, 438), la quale, è vero, coll’incamerazione di moltissimi feudi, o devoluti od usurpati, procurò alla finanza pontificia vistoso aumento di rendite, ma produsse immensa scontentezza, e danni gravissimi, molti nobili, spinti dalla fiscalità della misura, essendosi dati a favorire, o occultamente o senza ritegno, il brigantaggio. Invano cerchiamo eziandio la narrazione della comparsa a Roma, e della dimora nella villa pinciana medicea, di quello sciagurato Capo di briganti, quale fu Alfonso Piccolomini duca di Montemarciano, fatto, succeduto in quell’anno istesso del 1530, e che pur troppo svela la quasi incredibile debolezza del pontificio governo.

L’energia di Sisto quinto, la quale finalmente indusse ancora i vicini a cooperazione, energia a prima vista d’indole selvaggia ma pure necessaria, riesci a purgare lo Stato di questa peste. Ma per poco; essendosi i medesimi malanni ri-